Nella società moderna, in cui dovrebbe esistere la parità dei sessi, risulta che è la madre che trascorre maggior tempo con i figli, diventando la “caregiver”. Ma è altrettanto importante il padre per lo sviluppo psicologico del bambino e, anche se il tempo che il padre trascorre in famiglia è sensibilmente aumentato, lo squilibrio tra il tempo padre/figli e madre/figli è ancora evidente.
Anche se la società attuale continua a mantenere uno stampo prettamente maschilista, nonostante i numerosi tentativi di affermare una equa e valida parità dei sessi, il luogo in cui è la donna ad avere realmente il sopravvento sull’uomo è l’ambito familiare in cui, appunto, essa “regna sovrana”. In effetti, in alcuni contesti familiari, il marito diventa un subordinato, con un ruolo marginale nell’ educazione del bambino anche se sempre presente nella vita domestica. In queste realtà, il bambino cresce privando il padre della sua importanza genitoriale.
In questo modo, l’educazione del bambino sarà fortemente influenzata dalla figura materna, dal momento che:
- Trascorre molto tempo con i figli
- Ha l’onere delle scelte inerenti all’ educazione dei figli
- Si occupa dell’economia domestica con ricadute sui figli
- Si occupa delle cure mediche dei figli
- Si occupa dell’istruzione dei figli, curando i contatti con i docenti
- Nella casistica disfunzionale, quando è presente la madre totalitaria, spesso la presenza del padre e secondaria.
Caratteristiche della buona madre / cattiva madre
Il pensiero comune legato alla famiglia, porta a pensare che non possano esistere delle cattive madri, ma la realtà espone che, invece esistono delle madri capaci di ferire i propri figli intenzionalmente. Spiegando le caratteristiche di madre funzionale e madre disfunzionale, bisogna chiarire che i gradi di disfunzione sono di diversa tipologia, che non sempre la madre disfunzionale grava poi sullo sviluppo del bambino. Vi sono molte variabili in gioco, un esempio di madre disfunzionale (non cattiva madre), è quella dotata delle migliori intenzioni ma, se in sovraccarico di stress può commettere vari errori, oppure una madre scostante che, stanca di doversi occupare di tutte le problematiche della famiglia, con in aggiunta impegni di lavoro, probabilmente non trasmetterà i valori di amore per il figlio, che potrà poi sentirsi di peso e inadeguato.
La buona madre invece, è quella che basa l’educazione dei figli sul principio per cui “un bambino è una persona a tutti gli effetti e come tale dovrà essere accudito”, e dove utilizza come definizione il Sé della madre e il Sé emergente del bambino. Questo concetto in realtà apre diverse interpretazioni, ed ha delle grandi implicazioni pratiche: basti pensare al neonato che riceve le prime cure oppure a come il genitore poi rispetti (entro i limiti del benessere della prole), le volontà del bambino. Grazie a questo principio, il bambino sarà preparato alle responsabilità delle proprie scelte e ad essere autonomo, perché avrà ricevuto dalla madre la consapevolezza del rispetto per i suoi bisogni.
Legame materno invalidante e le capacità cognitive del bambino
Un bambino piccolo non avrà le capacità cognitive di un adulto, un neonato non avrà la consapevolezza di essere al mondo ma, si rivedrà negli occhi della madre; a sua volta se la madre lo vedrà come una persona allora riceverà affetto e stima, che servirà per la sua crescita ed autostima. Totalmente inverso invece, se la madre disfunzionale proietterà i propri bisogni al bambino, questi li sostituirà ai propri non capendo la differenza. In questo modo, però, una volta adulto, egli si sentirà confuso sulla sua identità ed avrà difficoltà nel capire i propri bisogni, perché non sono stati rispettati e compresi durante la sua crescita; probabilmente svilupperà di sé un’immagine non degna di amare, con pensieri traumatici che non possano esserci persone capaci di dare supporto. In casi estremi il bambino perderà completamente la “fiducia epistemica primaria”, crescendo con l’idea che un altro non potrà mai capire ed accettare i suoi bisogni, rinunciando alla disponibilità a dipendere da un’altra persona (nelle relazioni sentimentali, nella interdipendenza sana), non fidandosi di nessuno e modificando il suo carattere in un atteggiamento più duro, per non essere vulnerabile. Non sarà in grado e non capirà la necessità di chiedere aiuto, nessun tipo di supporto, non distinguerà quali potrebbero essere le persone che realmente siano disponibili ecc.